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Il paese che non c’è

un progetto di e con Gianluigi Gherzi e Fabrizio Saccomanno
in collaborazione con UIKI onlus rete - Ufficio d’Informazione del Kurdistan in Italia, GUS – Gruppo Umana Solidarietà “G.Puletti” onlus
ideazione scene Denise Carnini
realizzazione scene Cosimo Scorrano
disegno luci e tecnica Angelo Piccinni
consulenza storica e culturale Giovanni Giacopuzzi
con il sostegno di Festival Collinarea, Associazione Olinda Onlus, Residenza artistica Teatro Comunale di Novoli, Factory Compagnia Transadriatica, Principio Attivo Teatro

Abbiamo incontrato "il paese che non c’è”.
Abbiamo incontrato un popolo, quello curdo, che ha ricominciato a sognare.
Sogna di poter essere popolo, senza diventare stato.
Di poter vivere in una terra di pace.
Dove la diversità delle religioni, delle etnie, non provochi massacri. Dove la gente possa decidere del proprio destino, autogovernandosi. Dove le donne possano uscire dalle proprie case, scoprendo finalmente il volto e prendendo la parola.
Abbiamo sentito quella loro storia come una storia che parla a noi. È possibile un altro respiro? Un altro sentimento del vivere? Della lotta, della battaglia, dell’amore, dell’incontro con il mondo?
Abbiamo infine seguito le storie di quel popolo da noi, in Italia. Quando gli uomini di quel popolo, su un barcone o via terra, in fuga dalle guerre, dalle prigioni, dalle persecuzioni politiche, arrivano sulle nostre coste e nelle nostre città. Qual è il nostro sguardo? Cosa significa per noi la loro presenza?
Il Paese che non c’è è storia mitica di un popolo, della resistenza sulle montagne e in mezzo ai deserti. È testimonianza della battaglia che ovunque lo ha visto in prima fila contro la ferocia delle milizie fondamentaliste e del fascismo islamico. È cronaca pulsante, presente, che irrompe sulla scena con le sue notizie, con l’insopprimibile urgenza di essere raccontata.
Perché c’è bisogno di reagire, anche qui, anche da noi. Il paese che non c’è vuole fare, del presente, uno straordinario territorio di racconto e di azione teatrale.

L’Associazione Culturale URA teatro nasce come naturale continuazione del sodalizio artistico tra Fabrizio Saccomanno e Fabrizio Pugliese. Dopo anni di lavoro all’interno di un Teatro Stabile per l’Innovazione, e dopo la loro uscita da quella struttura, hanno attivato diverse collaborazioni con artisti e strutture pugliesi, ma costante era la voglia di approfondire quel percorso artistico cominciato oramai quindici anni fa. Nascono nel frattempo due spettacoli, “Gramsci, Antonio detto Nino”, di Saccomanno, e “Per Obbedienza, dell’incanto di Frate Giuseppe” di Pugliese, due lavori in cerca di una ‘casa’, lavori nati in quel filone di narrazione che fa della memoria il proprio centro poetico. Così due personaggi atipici, ognuno a suo modo, Gramsci e San Giuseppe da Copertino, danno il via al progetto URA teatro: quando la ricerca sulla memoria si lega al racconto stesso della vita quotidiana, ai problemi del presente e alle speranze del futuro, diventa un atto creativo della contemporaneità e non uno sterile culto di un passato da idealizzare.
Nella nuova ‘casa’ trovano spazio sia i vecchi lavori di Saccomanno ‘Via’ e ‘Iancu’ che due nuovi progetti: “Shoah, frammenti di una ballata“ di Saccomanno accompagnato dal violoncellista Redi Hasa, e uno spettacolo di cantastorie di strada di Pugliese, ‘Transumanze’.
Nel frattempo è continuo il lavoro sul territorio con progetti di teatro comunità in alcuni paesi del Salento.
URA è parola presa in prestito dalla vicina Albania. Sta per ponte.